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Nascita e Sviluppo della fondazione

  • Anno 1925 | Primo insediamento a Santa Marinella presso il villino 'Persichetti'. 16 luglio: Affiliazione all'Ordine Carmelitano

    Il 3 luglio 1925 Madre Crocifissa, insieme alle tre fedeli compagne, suor Maddalena Giunta, suor Caterina Pisana e suor Nazzarena Quartarone giunge a S. Marinella, dove l'attendono due giovani desiderose di condividere la loro vita: Francesca Boi e Carmela Aroni.
    Si stabiliscono presso il villino "Persichetti" preso in affitto da P. Lorenzo, come convenuto tra i due in precedenza. La signorina Persichetti, proprietaria del villino è una persona piuttosto nota nella zona, e anche il Padre ha già avuto modo di conoscerla, avendola incontrata per la prima volta, nel 1923, nella Curia Vescovile di Porto, come lui stesso annota nella "Cronistoria della Chiesa di Nostra Signora delle Vittorie":
    il villino Persichetti sul lungomare G. Marconi, Santa Marinella, 1925
    "Il detto Padre si trovava a Ladispoli, con i giovani chierici carmelitani, di cui egli era il superiore. Poco tempo prima, essendosi egli recato alla Curia Vescovile per ottenere la facoltà di predicazione e confessione, si era incontrato da Mons. Grosso con la signorina Persichetti, che perorava la causa della chiesa delle Vittorie... Il Vicario generale propose al rev. Padre di andare a celebrare la messa ogni domenica, nella nuova chiesa" (C. P., vol. V, VAN DEN EERENBEEMT L., Cronistoria della Chiesa di Nostra Signora delle Vittorie in S. Marinella, pp. 191-192) .

    Ma nonostante la partenza della Serva di Dio dalla Sicilia e il permesso ottenuto dall'Ordinario della Diocesi Portuense, a Noto la posizione del Vescovo Vizzini non cambia. In una lettera molto dura e poco esatta dal punto di vista della realtà dei fatti, l'Ordinario Netino così scrive a proposito delle Terziarie Carmelitane di Modica:
    "Rev. mo Padre, ciò che Ella mi scrive nella sua del 12 giugno circa le Terziarie Carmelitane di Modica, parte da un falso presupposto, ossia che le predette Terziarie siano Regolari, mentre sono state sempre secolari, anzi, alcune ricevettero l'abito da un Padre Cappuccino, ora defunto, senza il mio permesso, come prescrive il Diritto Canonico. Né vale addurre che convivessero insieme, perché si sono unite a vivere in comune senza autorizzazione alcuna dell'Ordinariato di Noto, cosicché la Curia ignora l'esistenza canonica di una comunità carmelitana a Modica. Per tale motivo diverse volte tentai di regolare la loro posizione, sia con l'erezione canonica dell'orfanatrofio Polara, sia con l'aggregazione alle Carmelitane di Campi Bisenzio, ma purtroppo non si secondò la mia iniziativa, e quindi le Terziarie Carmelitane di Modica rimasero sempre secolari. Posto ciò, le autorizzazioni che Ella mi chiede, mancano di fondamento, ed è tutta sua la responsabilità della sua iniziativa. Con distinti ossequi mi professo della P. V. devotissimo servitore G. Vizzini, Vescovo di Noto" (C. P., vol. VII, Lettera di mons. Vizzini a P. Lorenzo, Noto, 8 luglio 1925, p. 383) .
    Ad onor del vero noi dobbiamo rilevare che la questione dell'abito a cui accenna mons. Vizzini era già stata risolta a suo tempo dal predecessore, mons. Blandini, come pure la vita comune del gruppo delle Terziarie; infatti, nel 1912 sr M. Crocifissa si era trasferita da Ispica a Modica non solo col permesso, ma con l'incoraggiamento di Blandini. Per quanto riguarda poi i tentativi di affiliazione con Campi Bisenzio, conosciamo il Calvario della Curcio a riguardo, e comunque, questa aveva provveduto ad informare mons. Vizzini della risposta negativa della Superiora generale delle Teresiane di Campi B. con una lettera che porta la data del 31 marzo 1915 (cfr C. P., vol. VI, Lettera della Serva di Dio a Mons. Vizzini, Modica, 31 marzo 1915, pp. 60-61) .
    L'umiltà e la fortezza d'animo di Madre Crocifissa ancora una volta vengono messe a dura prova, ma ella sperimenta su di sé la mano del Signore che "ferisce e risana", di quel Dio "che atterra e suscita, che affanna e che consola".
    E' proprio di questi giorni, infatti, la tanto sospirata affiliazione all'Ordine Carmelitano: il 16 luglio 1925, giorno consacrato alla Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, il Priore generale concede alla nascente Congregazione delle Carmelitane Missionarie l'affiliazione all'Ordine Carmelitano.
  • Vita della prima comunità

    Notizie dettagliate circa il tenore e lo stile di vita della prima comunità ci vengono da alcuni testimoni che hanno conosciuto la Serva di Dio proprio in questi primi tempi di permanenza a S. Marinella:
    "Ho conosciuto la Madre Crocifissa nei primi anni... quando sono arrivate a S. Marinella e abitavano nel villino Persichetti... Quando è venuta non aveva neppure una tenda per dividere le stanze dove abitavano. Le suore, insieme a lei facevano ogni tipo di lavoro: avevano l'orto, le galline, una mucca" (Summ., Teste VI, n. 16) .

    "Ricordo che una volta, all'inizio, mia mamma mi mandò a portare alle suore una pagnotta di pane fresco, dieci uova e un fiasco di vino: erano veramente molto povere. Fu in quella occasione che la Serva di Dio mi chiese se andavo a scuola, e io le risposi che sapevo appena leggere e scrivere, perché anche noi eravamo molto poveri e dovevo lavorare per aiutare la famiglia, allora lei mi disse: 'Perché non vieni da me, t'insegno io, mi metto a tua disposizione" (Summ., Teste X, n. 1c) .

    "Ricordo che all'inizio c'erano appena cinque suore, le quali si davano da fare in tutto, come meglio potevano. Esse collaboravano con me nella preparazione delle recite per intrattenere i ragazzi e offrire loro un divertimento sano, lontano dai pericoli; erano suore senza cultura, ma lavoravano con amore e io mi ci trovavo bene" (Summ., Teste LX, n. 20) .

    "Erano Suore semplici, dedite anche ai più umili lavori; le abbiamo viste raccogliere le spighe nei campi dopo la mietitura, e la legna sulle vicine colline, coltivare il grano, fare il pane, allevare una mucca per avere un pò di latte. Rivedo ancora una delle prime suore, suor Rosaria, modesta, umile e mite, con la corda della sua mucca in mano e nell'altra la corona del rosario, che, a piedi nudi, la conduceva a pascolare nei campi vicini" (Summ., Teste LVI, n. 10-12) .

    Quanto mai provocante è la sfida che il territorio, inteso in senso totalizzante, lancia a Madre Crocifissa e al suo gruppo. Il rischio, date le difficoltà, è quello di rinchiudersi e di badare alla salvaguardia dello spirito della Congregazione in formazione, ma la Serva di Dio sceglie un'altra strada: quella della condivisione e dell'attuazione. Una condivisione con la realtà del luogo che diventa subito incarnazione nel tempo, nello spazio, negli avvenimenti.
    Le suore vengono viste come "operaie" perché condividono con le famiglie le difficoltà dei tempi, la semplicità di vita, la dedizione ai più umili lavori, ma la condivisione per Madre Crocifissa non è filantropismo, non è semplicemente solidarietà umana, è prima di tutto un sentimento interno, è partecipazione alle sofferenze di Cristo che ritrova nelle persone che le vivono accanto.
  • Anni 1926 - 1928, prime aperture di nuove comunità

    La vita ferve serena in questo piccolo Carmelo e si procede subito alla costruzione di una piccola casetta:
    "Nel 1926 diede inizio alla costruzione dell'attuale Casa Madre, per far fronte alla quale disponeva di una piccola somma di denaro che portò dalla Sicilia. Mi pare che le fosse stato offerto dai familiari" (Summ., Teste LXIV, n. 9-10) .la casa costruita da madre M. Crocifissa e padre Lorenzo a Santa Marinella nel 1926
    Verso la fine dello stesso anno la comunità lascia il villino 'Persichetti' per trasferirsi in via Nazario Sauro (oggi via del Carmelo): finalmente possono abitare in una casa di loro proprietà! Sono ancora poche le suore e con tanti problemi di economia, di adattamento, di solidità a livello formativo: è ancora 'tutta in cantiere' questa Congregazione e già si parte per altre terre. La missione spinge altrove e Madre Crocifissa sente che non può più temporeggiare, ha atteso tanti anni! E' tempo che il 'granello di senapa' cresca e l'alberello cominci a stendere i suoi rami.
    Così, chiamate dalla locale Congregazione di Carità, per particolare interessamento del Vicepresidente Marinangeli e con l'aiuto dei Padre carmelitani Alberto Grammatico e Carmelo Pennacchini, il 15 novembre 1926 si apre la prima casa a Nocera Umbra (Pg) per la gestione di un orfanatrofio e di una scuola materna, la piccola comunità poi, presta servizio come può anche agli ammalati nell'Ospedale civico. E' la stessa Serva di Dio a descrivere a P. Lorenzo le sue impressioni sulla bellezza della natura, il nuovo ambiente, la benevolenza delle persone del luogo e dell'Amministrazione dell'orfanatrofio:
    "Il nuovo ambiente mi ricolma l'animo di sempre nuove consolazioni. Contemplo le bellezze della natura in questa antica città, i prati ben coltivati, circondati di altissimi monti che si perdono nel vasto orizzonte dei cieli. Per colmo di bellezza in questi giorni si gode aria di primavera, il bel sole illumina i monti e un pò anche la nostra casa. Sinora tutto va bene, il Vice Presidente, gli altri componenti ci circondano di delicate premure, non badano a spese purché ci rendano meno incomoda questa nuova residenza. Il popolo è molto benevolo verso di noi, ci rispettano con vero sentimento, proprio desideravano le suore per affidarci i loro figli piccoli e grandi" (C. P., vol. VII, Lettera della Serva di Dio a P. Lorenzo, Nocera Umbra, 18 novembre 1926, p. 426) .

    Suor Caterina, arrivata in un secondo momento nella comunità, delinea con arguzia e vivacità il nuovo campo di apostolato:
    "Verso sera siamo arrivate a Nocera, dove trovai le orfanelle. Dopo qualche giorno dall'arrivo, come sempre ho cominciato la mia missione di maestra di lavoro. Ho trovato delle belle ragazze... ma ci volle molta pazienza e affetto perché quando le castigavo con la sospensione dal laboratorio mi entravano con una scala dalla finestra. Facevo finta di non vederle, ma dopo mi lamentavo con il direttore, nostro cappellano, il quale mi rispondeva con entusiasmo di essere contenta, perché quello era segno che non potevano fare a meno e che erano attaccate al laboratorio... Il secondo anno, che freddo! Dicevano che era un anno speciale, tanto che l'acqua per celebrare la messa si doveva prendere all'istante con l'ampollina. Il sacerdote mentre celebrava dava calci perché gli si gelavano le dita dei piedi; noi dovevamo distribuire gli scaldini a chi entrava e a chi si fermava per ascoltare la S. Messa. Fuori era un incanto, per quanto si soffriva si godeva, tutti gli archi, gli angeli, quelle pianticelle che nascono e crescono dentro i muri: la neve cadeva come tante perline lunghe e rotonde, proprio una bellezza... Era alta più di un metro; quando io passavo con le bambine, scomparivamo. Da più di vent'anni non era così freddo e proprio a noi aspettava!" (C. P., vol. XIII, Testimonianze a futura memoria, Suor Caterina Pisana, p. 2349) .
    La vita missionaria richiede grandi sacrifici, non ultimo quello degli affetti. A Madre Crocifissa costa essere lontana da quelle che sono state le sue prime compagne, che hanno condiviso con lei le sofferenze, i travagli, le speranze e le gioie di questo progetto divino, e che ora più che mai sente sue figlie, ma il bene delle anime è più importante di ogni sacrificio e bisogna andare. Rimane però unita a loro nella preghiera, nell'offerta e nella corrispondenza, che è fittissima, quasi giornaliera; per lettera le anima, le guida, le dirige, le corregge, le incoraggia:
    "Suor Maddalena, Suor Concezione, Suor Annunziata, ho letto con mia grande consolazione le vostre buone notizie, godo per la vicendevole carità che vi lega e che sapete comunicare alle care bimbe che vi circondano. L'Amore che ogni giorno attingete alla Sorgente Eucaristica comunicatelo a tutto il mondo colla preghiera, coi grandi e immensi desideri di voler salvare le anime, e colle parole e soprattutto col buon esempio; impadronitevi dei cuori innocenti delle giovinette per darli a Colui che ci ha creato... Rivolgete parole soavi, parole ispirate da Colui che è Amore immenso, e perciò lo spirito di unione intima con Gesù Eucaristia vi deve sempre guidare in tutte le vostre azioni, anche indifferenti, il riposo, il lavoro, sia sempre guidato dalla Luce divina... I primi discepoli del divin Maestro furono poveri pescatori ignoranti... La Sapienza increata non si serve per il compimento dei suoi disegni di persone istruite e potenti, ma di umili mezzi, per dimostrare al mondo che è solo Lui che opera servendosi di vili strumenti. Se la Divina Bontà ci ha prescelto per questa ardua Missione non ci meravigli, ma ammirando, dobbiamo chinare la fronte e con umile semplicità abbandonarci come un fanciullino sul cuore del Padre" (C. P., vol. IX, Lettera della Serva di Dio alla comunità di Nocera, S. Marinella, 18 dicembre 1926, pp. 769-770) .
    L'anno successivo, nonostante la scarsità di mezzi, Madre Crocifissa apre una nuova comunità a Capodacqua, sempre in provincia di Perugia, poco distante da Nocera. Le suore sono ancora troppo poche per far fronte alle necessità che incalzano da più parti, ma ci si adatta come si può, soprattutto è il cuore a restare aperto ai bisogni dei fratelli, e allora le difficoltà non spaventano, si affronta ogni ostacolo.
    "Abbiamo accettato la fondazione a Capodacqua, presso Foligno, e siccome il curato di quel posto ci scrive che desidera le suore con urgenza perché tutto è pronto, la partenza delle suore sarà il giorno 11 di questo mese, cioè martedì della settimana ventura... Siccome non possiamo affidare la casa a suor Caterina abbiamo stabilito, d'accordo col Padre, che la direzione l'affideremo a te, rimanendo però a Nocera, una volta al mese ti recherai a Capodacqua per rivedere i conti delle spese giornaliere e per sapere ciò che riguarda la disciplina tra di loro e gli affari con le persone esterne, scriverai a noi tutto. Nella suddetta casa, però andrà suor Concezione, perché oltre l'asilo c'è il laboratorio, così mentre lei dirigerà il laboratorio, darà pure l'indirizzo a suor Carmela, la quale ha un pò più di pratica e attitudine, ma ha bisogno di essere guidata" (C. P., vol. IX, Lettera della Serva di Dio a suor Maddalena, S. Marinella, 3 gennaio 1927, pp. 775-776) .

    Il 20 ottobre dello stesso anno viene aperta una nuova comunità a Carinola (Ce), per la scuola materna, l'accoglienza e rieducazione di alcune giovani. Il giorno seguente la Serva di Dio, scrivendo ad una figlia, con tanta semplicità e concretezza parla del nuovo ambiente:
    "Ieri ho scritto al Padre, così avrai saputo il felice viaggio ma lungo, non finiva mai; oggi sto bene, siamo state alla fiera che si fa ogni venerdì, ti assicuro che non manca proprio nulla, così le suore possono far le provviste per la settimana di ciò che occorre. L'aria è mitissima, più calda di S. Marinella, il paese molto allegro è in un'amena pianura, le terre ben coltivate, mi sembra di rivedere i bei terreni fertili della Sicilia. La chiesa molto antica ma grande e bellina e ricca di altari, anche della Madonna del Carmine. Il parroco di poca salute, ma sembra molto zelante e disposto a lavorare, funzioni e canti del popolo ce ne sono, gridano che fui costretta a scappare, ma speriamo che le suore possano mitigare questo canto istruendo le bambine. L'assieme di tutto sembra pel momento un campo disposto per le suore, speriamo che le suore si cattivano la loro stima" (C. P., vol. IX, Lettera della Serva di Dio a una figlia, Carinola, 21 ottobre 1927, p. 832) .

    Purtroppo, appena due anni dopo, nel 1928, le case di Nocera e di Capodacqua devono essere chiuse a causa della poca salute di alcune suore e della tubercolosi che non risparmia queste creature generose ed audaci. Nel 1939 verrà chiusa anche la casa di Carinola per il grande disinteresse delle Istituzioni. Gli altoparlanti del regime urlano solo vuoti slogans.
    Intanto l'opera apostolica delle Carmelitane Missionarie si sviluppa anche a S. Marinella. In casa già accolgono le prime orfane, inoltre, nella zona "Pirgus" dove abitano, cominciano a stabilirsi anche le prime povere famiglie di contadini e pescatori; nessuno ha cura dei loro figli, alla cui istruzione nessuno pensa perché la scuola comunale si paga e quella delle Suore di Nostra Signora del Monte Calvario, è in paese, troppo lontana per poterci arrivare a piedi ogni giorno. Madre Crocifissa avverte il problema, se ne fa carico e offre il suo aiuto: nel 1927 apre una scuola elementare gratuita per i figli del popolo.
    Ne abbiamo notizia, oltre che dalle molteplici testimonianze di chi ha frequentato questa scuola, dall'esposto del P. Lorenzo al vescovo della diocesi, card. Boggiani, nell'anno 1929: "A S. Marinella... oltre la cura di 20/30 bambine, si è aperta da due anni una Scuola di elementari inferiori per i bambini esterni, sotto la guida di Suor Rosa Pisciotta, maestra diplomata" (C. P., vol. VII, Esposto di P. Lorenzo al Card. Boggiani, S. Marinella, 8 settembre 1929, p. 548) .
  • Anno 1929, la grande prova

    Nei primi mesi del 1929 il Vescovo di Nocera, Mons. Cola, comunicando con tristezza a P. Lorenzo la chiusura della casa dove hanno dimorato le Suore Carmelitane, ne loda sinceramente la presenza e l'operato:
    "... Per tutto il tempo che esse hanno qui dimorato, ossia dal novembre 1926 all'aprile 1929 hanno tenuto lodevole ed edificante condotta religiosa, morale e civile, hanno atteso con competenza, premurosa cura e grande vantaggio spirituale e morale alle opere di educazione loro affidate, ossia all'asilo d'infanzia, all'orfanatrofio e laboratorio femminile, e specialmente nel laboratorio frequentato anche da giovanette più grandicelle si è ottenuto che le donne, non solo profittassero nei lavori, ma principalmente nell'educazione religiosa e civile. Sarebbe stato nostro vivissimo desiderio che le suddette suore fossero permanentemente rimaste qui, ma dovendosi subire il loro allontanamento per motivi da loro e da noi indipendenti, ci sentiamo mossi a ringraziarle dell'opera da loro svolta con puntuale precisione, zelo illuminato e senza dar luogo ad alcun lamento o minima apprensione. A loro pertanto il nostro augurio per ogni migliore avvenire e prosperità dell'Istituto, e la nostra pastorale benedizione" (C. P., vol. VII, Lettera di mons. Cola a P. Lorenzo, Nocera, 19 marzo 1929, pp. 521-523) .

    Ma sofferenze ben più gravi della chiusura di una casa attendono la Serva di Dio, p. Lorenzo e la piccola Congregazione.
    Il 25 febbraio del '29 muore l'Ordinario della diocesi Portuense, il card. Antonio Vico, lasciando in sospeso il riconoscimento canonico della Congregazione, alla quale, finora è stato semplicemente rinnovato ogni anno il permesso orale dato ad experimentum nel 1925. Gli succede nell'episcopato il card. Tommaso Pio Boggiani, dell'Ordine dei Predicatori.
    Intanto nel mese di maggio il vescovo di Civitavecchia, Mons. Emilio Cottafavi, scrivendo ad un monsignore di Roma, probabilmente Mons. Mingoli esprime impressioni del tutto positive circa l'Istituto della Serva di Dio:
    "Esprimo sinceramente la mia buona impressione nella visita diligente fatta a quell'Istituto. Ci saranno stati degli sbagli da principio, ma mi pare che ci sia stata anche molta malevolenza nel riferirli al compianto card. Vico. Dopo tutto P. Lorenzo ha fatto molto e le Suore fanno del bene: l'uno e le altre disinteressatamente" (C. P., vol. VII, Lettera di mons. Cottafavi ad un monsignore di Roma, Civitavecchia, 21 maggio 1929, pp. 524-526) .

    La stessa Madre Crocifissa qualche giorno dopo si premura di rassicurare P. Lorenzo circa la buona relazione che mons. Cottafavi ha inviato al card. Pompili riguardo all'Istituto, e della quale lei ha avuto notizia tramite il parroco di S. Marinella (della parrocchia di S. Giuseppe).
    Il 21 luglio P. Lorenzo espone al card. Boggiani una relazione sulla fondazione e lo sviluppo dell'Istituto fino al momento attuale e ne chiede l'approvazione ufficiale (cfr C. P., vol. VII, Esposto di P. Lorenzo al card. Boggiani, S. Marinella, 21 luglio 1929, pp. 532-533) .
    Il 9 agosto Madre Crocifissa invia a P. Lorenzo una accoratissima lettera nella quale gli esprime tutta la sua solidarietà e partecipazione in questa durissima prova, invitandolo ad abbracciare e baciare la croce:
    "Come sta?!... abbiamo trascorso la prima notte... del Giovedì Santo... ieri sera tutte le figlie spontaneamente mi seguirono dopo cena ai piedi del Tabernacolo, l'unico conforto che ci è rimasto! Preghiamo... e speriamo che questa durissima prova ci sia apportatrice di nuove e grandi benedizioni celesti per il maggior incremento di questa istituzione che in questo momento sembra distrutta!... Sono sola... in compagnia dell'Addolorata rimasta priva del suo SS. Figlio... tutto è amaro, la vita è spezzata! Oh Vergine Addolorata dateci forza e luce per soffrire come soffristi Tu!... Coraggio Padre mio caro e buono, confidiamo sempre, adoriamo, baciamo la Croce bagnata col sangue di una Vittima SS. versiamo anche il nostro, trasformiamoci sulla croce con la Vittima divina, e con Lui certo saremo gloriosi, la gloria che sarà eterna e che nessuno potrà toglierci. Sì, caro Padre... proprio lei che soffre risorgerà, avrà delle grandi consolazioni!... Mi scriva spesso così vediamo i suoi scritti almeno!" (C. P., vol. VII, Lettera della Serva di Dio a P. Lorenzo, S. Marinella, 9 agosto 1929, pp. 538-541) .

    Ma di quale prova si tratta? Che cosa è successo di così grave perché Madre Crocifissa arrivi a dire che l'Opera sembra distrutta? E' lo stesso P. Lorenzo a parlarne dettagliatamente nella 'Cronistoria della Chiesa di Nostra Signora delle Vittorie':
    "Per la verità della cronaca dobbiamo ora accennare... con somma carità, perdonando e dichiarando di non sentire nel cuore ombra di risentimento e sentimenti di avversione, delle lotte che furono una dura prova sia per il P. Lorenzo, sia per l'Istituto delle Suore. La lotta venne-così vogliamo supporlo- dal fatto che alla Chiesetta del Rosario il Cappellano della Colonia Jolanda aveva raccolto intorno a sé un buon gruppo di persone che pretendevano fare della Chiesetta una seconda e più importante parrocchia. Da qui le lotte di questo cappellano contro il parroco del paese, Mons. Augusto Ranieri e contro il P. Lorenzo che, in quanto gli era possibile l'aiutava. Per questi motivi il P. Lorenzo fu messo già in mala vista presso la Curia vescovile di S. E. il defunto card. Vico e, tanto il cappellano quanto i suoi amici, profittarono per distruggere l'Istituto e far chiudere la chiesa della Vittoria, dell'elezione del nuovo vescovo. Lo scrivente può assicurare di non essersi mai incaricato di sapere ciò che questi tali hanno potuto raccontare sia presso il card. Boggiani, sia presso il card. Pompili, Vicario di Sua Santità, che si era mostrato nel passato sempre benignissimo verso il P. Lorenzo. Il fatto é che quest'ultimo, essendo il Padre andato a visitarlo per ottenere definitivamente ed in iscritto il permesso per la casa di Roma delle suore, si mostrò contro di lui così acerbamente indignato che il Padre si ritirò molto mortificato e addolorato: la casa delle suore a Roma non fu permessa e dopo aver fatto ingenti spese per adattarla, si dovette lasciarla di nuovo alla marchesa Soderini, legittima proprietaria... Riguardo poi a Sua Eminenza il card. Boggiani, la Curia Vescovile passata non aveva lasciato nessuno dei documenti che il Padre Lorenzo aveva consegnato, dove doveva apparire aver egli il consenso sia del defunto Card. Vico, sia dei Superiori del convento. Il P. Lorenzo risultava un frate che faceva il suo comodo a S. Marinella senza ombra di permessi, calpestando così tutte le regole del Codice Ecclesiastico e della vita religiosa. Vi era esteriormente qualcosa di irregolare in lui, ma non per colpa sua, ma per il fatto che i Superiori Maggiori, dopo aver dato i permessi, lo avevano lasciato nella paglia a disbrigarsi come meglio poteva. Sembrava avesse preso domicilio fisso a S. Marinella, ma in verità il suo vero domicilio era sempre Roma, nel Collegio di S. Alberto, dove aveva il suo studio e poi la sua dimora non era mai stabile a S. Marinella, essendo egli spesso chiamato sia a tridui, sia a novene, sia anche ad altre incombenze. Egli capiva questa irregolarità ed aveva spesso supplicato i Superiori ad aiutarlo col fondare una piccola casa per i PP. Carmelitani, ma tutto inutilmente. D'altronde la comunità delle Suore era diventata numerosa ed egli per motivi di giustizia, non poteva più abbandonarle: lasciarle in balia di loro stesse significava portar loro un immenso danno pecuniario e specialmente morale. Finalmente il Padre generale Elia Magennis si risolvette di accompagnare il P. Lorenzo da S. Eminenza il card. Boggiani. Il Cardinale fu gentilissimo, però espresse il desiderio che si regolarizzasse in qualche modo la posizione del P. Lorenzo, affinché non sembrasse una persona uscita dal convento, non amando egli le cose giuridicamente non rette. Il Padre generale rispose che doveva andare in Irlanda in quei giorni, nel suo ritorno avrebbe potuto convocare la Curia e agire così definitivamente. Era i primi di agosto. Il P. Lorenzo ritornò a S. Marinella.
    La domenica riceve avviso telegrafico dai suoi Superiori di trovarsi la sera stessa in Collegio per affari: parte per Roma e il Padre generale gli comunica che non intende più lasciarlo a S. Marinella e che perciò doveva definitamente ritornare in Collegio. il P. Lorenzo domanda una dilazione di giorni fino a giovedì, che gli fu concessa. Ritornato in Collegio dovette avvisare S. E. che, essendo stato richiamato dai Superiori, non poteva più officiare la Chiesa della Vittoria.
    Era nel colmo della villeggiatura: nella pineta Odescalchi attendava una colonia numerosa di bambini, Colonia Fascista dell'Urbe: nel casamento del col. Pacini di fronte alle Suore, vi erano le Salesiane con le operaie di Trastevere (Porta Settimiana): numerosissimi i villeggianti; ecco che ad un tratto veniva a mancare il sacerdote per la chiesa, specialmente la domenica. Questo tiro fatto dai Padri Carmelitani per mettere in confusione l'Ordinario non fu un atto gentile, anzi contrariava apertamente le parole pronunciate dal P. generale nella sua visita a S. Eminenza... Di conseguenza, all'alt del P. Generale da S. Eminenza fu interdetto ai Carmelitani -e di conseguenza anche al P. Lorenzo- ogni sacro ministero in diocesi. D'altra parte per deviare ogni possibile sospetto fu ordinato dai Superiori al P. Lorenzo di andare a visitare le suore due volte alla settimana: era questo necessario per il suo buon nome e per l'onore delle suore.
    Furono mesi di grande angosce per le povere suore che non poterono mai avere più che una messa domenicale; di comunione quotidiana non si parlava e quando qualche suora di buon mattino si recava al Rosario o alla cappella della Colonia Jolanda, veniva trattata poco urbanamente dal Rettore e Cappellano della chiesetta. Giova qui ricordare un episodio che cagionò molto dispiacere alle suore e che si riporta ai primi giorni dopo la partenza del P. Lorenzo. Avendo egli raccomandato, per impedire guasti o irruzioni notturne, che si andasse alcune suore ad abitare il suo villino, tre suore la sera dormivano nella sua casetta. Trapelando la luce dal villino di sera, questo si venne a sapere dal cappellano del Rosario che ne fece consapevole sua Eminenza mettendo il sospetto che P. Lorenzo di notte si rifugiasse nella sua casetta e la mattina celebrasse, all'insaputa di tutti, per le suore nella chiesetta delle Vittorie. S. Eminenza ordinò che il giorno dopo si portassero a lui le chiavi della Chiesa. Questo cappellano era tornato la sera, prima ancora del tramonto, ma solamente di sera tardi egli portò questa notizia al sacerdote che teneva il posto del Parroco mons. Ranieri. Questo sacerdote, amicissimo del P. Lorenzo fu costretto in quell'ora tarda ad accompagnare il cappellano dalle Suore Carmelitane. Esse erano già tutte a letto, si bussò, scesero vestite alla meglio e sulla porta della casa s'ingiunse alle suore, sotto pena d'interdetto, di dare immantinente la chiave della chiesa. A causa della confusione e dell'ora tarda la chiave non si poté trovare. La mattina, di buonissima ora, ridiscese questo sacerdote, il rev. don Giuseppe Casetta, parroco di Palo, dalle suore e le confortò come amico del Padre, e, ritrovata la chiave la consegnò a S. Eminenza per mezzo del detto cappellano che come impiegato della Sacra Penitenzeria si recava ogni mattina a Roma. Chi potrà dire la desolazione di quelle povere donne che si vedevano anche togliere il conforto della chiesetta!
    Veramente fu quella l'ora della grande prova: prova per il sacerdote, prova durissima per le suore, che vedevano l'avvenire sempre più buio.
    Il P. Lorenzo ebbe parecchi colloqui con S. Eminenza il Cardinale che raccomandava a lui di assicurare essere lui anche un religioso e perciò pronto a riconciliazione col suo Generale, qualora quest'ultimo si degnasse di mandare qualche Padre autorevole per accomodare questa faccenda. Inutile ogni tentativo, ogni preghiera, ogni supplica: freddamente sempre gli fu risposto di tenersi a suo posto, non intendendo i Superiori umiliarsi davanti al Cardinale. Intanto la chiesetta solamente la domenica veniva officiata la mattina da qualche padre domenicano o francescano di Civitavecchia. Ciò fino alla venuta del nuovo Vicario generale, Mons. Luigi Martinelli, persona di fiducia di S. Eminenza, a cui fu raccomandato di portare la pace in mezzo alla popolazione che aveva mostrato molte ostilità e che a dire del maresciallo Moretti dei carabinieri, aveva dato a pensare per l'ordine pubblico, essendosi divisa in quel tempo in due fazioni. Nonostante che il P. Lorenzo venisse due volte alla settimana ostentando anche nel farsi vedere pubblicamente, pur tuttavia non mancarono le male lingue che dicevano essere lui fuggito con un'abbadessa, o meglio, con una principessa... La verità però viene sempre a galla e Mons. Luigi Martinelli, in tutti i mesi che venne a celebrare poté conoscere realmente l'ambiente, la necessità di un sacerdote per quella contrada e la verità sulle dicerie maliziosamente sparse da persone contrarie all'Istituto delle Suore e del Padre che le dirigeva.
    Anche mons. Martinelli ebbe le sue difficoltà: tutte queste vicende avevano turbato l'ordine naturale che finora aveva regnato nel paese; ottime persone che per anni ed anni avevano lottato per avere un punto cristiano di riferimento, contro il dilatarsi di uomini di sette avverse, massoniche, nella zona della Pirgus, e che avevano salutato con gioia il movimento liturgico della piccola chiesa, vedendo il sogno loro cristiano quasi infrangersi, non avevano capito che la Curia realmente sognava ad un ripristino però più giuridicamente regolare del sacro tempio, e il prolungarsi dell'assenza di P. Lorenzo veniva considerato sotto un aspetto tutt'altro che benigno, donde un'aspra, mordente critica contro l'operato dei Superiori ecclesiastici...
    Calmate tutte le bufere questa nobile Famiglia (l'Ordine Carmelitano) riconobbe il suo torto e volentieri profittò d'una occasione per stringere in amicizia la mano al Vicario generale. La rettitudine porta alla lealtà" (C. P., vol. V, Appendice alla Relazione Storica, VAN DEN EERENBEEMT L., Cronistoria della Chiesa di Nostra Signora delle Vittorie in S. Marinella, pp. 198-205) .
    Qualche giorno dopo P. Lorenzo scrive alla Madre con un tono sofferto ma molto sereno, certo che l'Opera uscirà rafforzata da questo duro momento di prova. Accenna pure di essere disponibile a lasciare l'abito carmelitano per assistere la Congregazione come sacerdote diocesano, se l'Ordine Carmelitano non dovesse accettare alcun tipo di collaborazione. Certo è un momento di grande dolore, ma vissuto nella pace e nell'abbandono in Dio.
    "Mia buona Madre, in questo giorno tanto caro alla Madre di Dio penso alla cara comunità che ho lasciato nelle braccia della divina Provvidenza. Veramente da qui si vedrà che la riuscita di quest'Ordine non è né cosa mia né cosa sua, ma della divina Volontà, perché se piacerà a Dio tutto si risolverà, altrimenti di nuovo nella lotta... Sono andato ieri mattina dal Cardinale che mi ha accolto affabilmente, ma che giustamente ha messo le cose a posto. Si tratta di questo: o il Generale accetta il convento, o io mi faccio fare dalla Congregazione dei Religiosi un permesso speciale, oppure io non ci posso più stare, perché vicino a Roma non si può permettere un domicilio fuori di convento senza permesso della Congregazione. Del resto devo convenire che i nostri Padri hanno torto e che se volessero potrebbero aiutarmi. Se loro non vogliono formare il convento sarei obbligato di domandare l' esclaustrazione, con tutte le conseguenze, specialmente quella di lasciare l'abito religioso: sarebbe duro, durissimo per me, ma che dovrei fare? Non rimarrebbe altra via! Altra via per non abbandonarvi... E' questo il tempo della soluzione, siamo proprio in mano di Dio: Dio ci protegga... Il Cardinale mi ha trattato gentilmente e mi ha di nuovo assicurato che non ha mai avuto l'intenzione di nuocere né a me né alle suore. Solamente il non avere un documento scritto! Ma che devo fare? Io ne ho fatti tanti! Coraggio Madre mia, e ogni tanto faccia la sua scappatina a Roma per la S. Comunione" (C. P., vol. VII, Lettera di P. Lorenzo alla Serva di Dio, Roma, 15 agosto 1929, pp. 542-545) .
    In effetti il permesso scritto c'era, ma nel momento in cui serviva non fu trovato, e non sapremo mai chi lo abbia occultato e perché. L'importante comunque è poter costatare la rettitudine e l'onestà di coscienza di P. Lorenzo, mosso solo dal desiderio di compiere la volontà di Dio ad ogni costo.
    "Il sottoscritto Procuratore generale dei Carmelitani, dichiara che nel mese di giugno 1925, trovandosi a colloquio con l'Eminentissimo Signor Cardinale Antonio Vico, Vescovo di Porto e S. Rufina, fu assicurato dal medesimo che volentieri avrebbe accolto in S. Marinella alcune Suore Terziarie Carmelitane provenienti da Modica (Sicilia). Ciò in seguito ad un esposto presentato allo stesso Em. mo Principe dal P. Lorenzo van den Eerenbeemt, Religioso Carmelitano, deputato dai Superiori dell'Ordine a prestar la sua assistenza spirituale a dette suore. L'Em. mo Cardinale Vico effettivamente ha accettato ad experimentum le Terziarie Carmelitane in parola, le quali da oltre due anni vivono in una loro casa a S. Marinella, edificando quel popolo con il loro zelo operoso. In fede rilascio la presente a P. Lorenzo van den Eerenbeemt, per uso ecclesiastico. Roma, Collegio S. Alberto, 1 aprile 1948, P. Antonino Franco, Procuratore Generale dei Carmelitani" (C. P., vol. VII, Dichiarazione di P. A. Franco a P. Lorenzo, Roma, 1 aprile 1928, p. 504) .
    Anche le testimonianze di chi ha vissuto quel drammatico momento o ne ha sentito parlare, concordano con quanto racconta P. Lorenzo, ed esprimono in tutta la sua intensità la sofferenza di Madre Crocifissa e delle sue figlie, chiamate ancora a bere il calice dell'incomprensione, del rifiuto e dell'umiliazione.
    "Quando il P. Lorenzo fu richiamato dal suo Ordine, lei rimase angustiata e soffrì tantissimo. Da noi non si faceva accorgere, ma qualche volta l'abbiamo vista piangere... Quando è andato via P. Lorenzo, ci hanno levato il Santissimo dalla Cappella e la chiave della chiesa. Siamo rimaste così per circa un mese. Era infatti venuto un sacerdote alle dieci di sera, ci tolse la chiave della chiesa e la consegnò al parroco di S. Marinella. Dopo alcuni giorni il parroco di S. Giuseppe durante la celebrazione della S. Messa ci fece consumare tutte le ostie consacrate... Erano soltanto due quelli che ci sostenevano: il parroco e il vescovo Martinelli" (Summ., Teste III, n. 10-12) .
    "Il Santo Padre, il Papa Pio XI gli consigliò di abbandonare l'Ordine e di farsi incardinare nella diocesi di Porto e S. Rufina come sacerdote secolare. Di questo P. Lorenzo soffrì molto, tanto che, tutte le volte che vedeva piangere noi suore a causa di un trasferimento ci diceva con gli occhi pieni di lacrime: 'Considerate allora me, che ho dovuto abbandonare l'abito e l'Ordine... però un giorno vi ritornerò'. Viveva infatti, sempre con questa speranza. Pertanto con l'aiuto del card. Boggiani, P. Lorenzo divenne rettore della chiesetta delle Vittorie" (Summ., Teste XXXVII, n. 11) .
    "Al card. Vico successe il card. T. Pio Boggiani, il quale, nella sua qualità di vescovo diocesano, richiese al P. Lorenzo un documento dei suoi Superiori, che lo autorizzasse a rimanere fuori della casa religiosa. Il P. Lorenzo ci parlava sempre di tale permesso che aveva ottenuto sia a voce, sia per iscritto dal Superiore generale dell'Ordine, il P. Magennis, ed anzi, affermava che la lettera di tale permesso doveva essere certamente conservata nella Curia diocesana. Tale documento però, a quel tempo non fu trovato, per cui il P. Lorenzo, richiamato dai suoi Superiori, si dichiarò dispostissimo a lasciare tutto e a tornare a Roma, ma supplicò i Superiori di mandare un altro religioso al suo posto che seguisse queste giovani siciliane, prive di grande cultura. Ma non gli venne accordato ciò... A S. Marinella la Serva di Dio con le compagne 'viveva il suo Calvario' (sono sue testuali parole), poiché a tutto lo smarrimento interiore si aggiunse la grande sofferenza di essere private della presenza dell'Eucaristia nel loro ambiente. L'Eucaristia costituiva il loro conforto e sostegno, e quando si presentò il sacerdote mandato a prelevare l'Eucaristia dal piccolo oratorio delle suore, e chiese sia le chiavi del tabernacolo, sia quelle della chiesa delle Vittorie, a tarda ora, queste prese dal panico non trovavano più le chiavi, tanto che il gesto fu interpretato sinistramente, come se le avessero volute nascondere di proposito. Finalmente le trovarono e le consegnarono tra pianti e singhiozzi, tanto che lo stesso sacerdote si commosse. Il Card. Boggiani, dopo vari incontri con i Superiori dell'Ordine e dopo aver esposto il caso allo stesso Pontefice Pio XI, ottenne per P. Lorenzo l'esclaustrazione dall'Ordine e lo incardinò nella sua diocesi" (Summ., Teste LXIV, n. 10) .
    "Quando sono entrata l'Istituto non era ancora di Diritto Diocesano. Era il periodo in cui a P. Lorenzo fu proibito dai suoi Superiori di continuare a seguire l'Istituto nascente, finché fu costretto ad uscire dall'Ordine per aiutarci. La Serva di Dio soffriva tanto e anche noi; ci voleva rimandare in famiglia per via del futuro molto incerto della Congregazione, ma noi non abbiamo voluto. Ci hanno perfino tolto il SS. Sacramento dalla Chiesa per ostacolarci. In tutte queste sofferenze la Serva di Dio ha mantenuto sempre la fede e ha affrontato tutto con fiducia e abbandono in Dio; tutte piangevamo e ci sostenevamo a vicenda. lei era sempre in preghiera, sempre assorta... Riusciva a comunicarci la sua fede" (C. P., vol. XIII, testimonianze a futura memoria, suor Grazia Cavallo, pp. 2330-2331) .
    "Spesso la Serva di Dio era angustiata, però, quando vedeva tristi noi ci dava coraggio. Non ha mai perso la speranza, diceva: 'Passerà tutto, questo vuole il Signore. Nelle fondazioni di istituti ci sono sempre delle prove, ma non perdetevi d'animo che il Signore è con noi'. Quale gioia quando la Madre, dopo essere stata per un periodo di tempo a Roma, tornò tra noi. Tornò anche P. Lorenzo con l'abito di sacerdote diocesano, ci sembrava più anziano e soffriva tantissimo. Dopo qualche giorno venne mons. Martinelli, il quale, dopo averci fatto l'interrogazione canonica, fatto vestire l'abito religioso, ci diede la benedizione" (C. P., vol. XIII, Testimonianza a futura memoria, Suor Immacolata Ricca, p. 2352) .
    Ma "Dio non turba mai la pace dei suoi figli se non per dar loro una gioia più grande" scrive il Manzoni, ed è vero. La coscienza di P. Lorenzo è serena, egli ha consegnato tutto nelle mani del Padre perciò, continua a lavorare per la sua gloria e nel suo nome. Così l'8 settembre invia al card. Boggiani una relazione dettagliata sulla fondazione e sullo sviluppo dell'Istituto, dalla quale apprendiamo che nell'anno 1929 la nascente istituzione conta 17 Suore, 7 Novizie e 7 Postulanti. Inoltre, nell'elenco specificato delle opere si legge:
    "A S. Marinella, oltre la cura di 20 o 30 bambine affidate all'Istituto dall'Opera Nazionale Maternità e Infanzia e da altri enti morali privati, si è aperta da due anni una scuola (elementari inferiori) per il popolo, diretta da Suor Rosa Pisciotta (maestra diplomata), d'estate si cucina per le colonie marine; inoltre le Suore s'industriano con lavori di ricamo... A Carinola già da due anni le suore dirigono Asilo e Laboratorio, a conto di un comitato che provvede a tutte le spese; a Roma, se ne verrà data la debita licenza dai Superiori, si vuole aprire un asilo permanente e un asilo nido. In futuro si vuole attendere in modo speciale alla direzione di asili e laboratori, all'educazione della gioventù abbandonata e si cercheranno più volentieri i piccoli centri e le campagne più necessitanti di aiuto spirituale. Alle suore s'inculca di aiutare il parroco nelle parrocchie in cui si trovano, per una decente manutenzione delle chiese. Il fine principale dell'Istituto rimane sempre la vita missionaria" (C. P., vol. VII, Relazione sulla fondazione, 8 settembre 1929, pp. 551-552) .
    La Curia diocesana di Porto e S. Rufina sembra intenzionata ad accogliere la richiesta di approvazione dell' Istituto se ai primi di ottobre dell' anno '29, il Vicario generale, Mons. Luigi Martinelli, chiede informazioni, in via del tutto riservata, sull'operato delle Carmelitane ai Vescovi di Foligno, Nocera Umbra, Noto, Sessa Aurunca e Roma (cfr C. P., vol. VIII, Richiesta d'informazioni , Mons. Martinelli, Vescovi, Roma, 7 ottobre 1929, pp. 564-565) .
    Le risposte non si fanno attendere:
    "... Nel tempo che rimasero qui tennero sempre esemplare condotta ed attesero con molta diligenza ai propri doveri" (C. P., vol. VIII, Lettera del Vescovo di Nocera a Mons. Martinelli, 8 ottobre 1929, p. 567) .
    "... Attendono all'asilo infantile, fanno bene e sono ben volute da questa popolazione" (C. P., vol. VIII, Lettera di Mons. De Santis a Mons. Martinelli, 8 ottobre 1929, p. 569) .
    "Il Vescovo di Tarquinia e Civitavecchia, Amministratore Apostolico di Porto e S. Rufina all'Eminentissimo Principe. Il giorno 9 corr. mi recai a S. Marinella per amministrare la S. Cresima e nel pomeriggio dello stesso giorno volli anche visitare minutamente l'Istituto delle cosiddette Terziarie Carmelitane Missionarie... Per la verità debbo attestare che riportai buona impressione di quella visita, sia per ciò che concerne lo spirito religioso di quelle pie donne, il loro spirito di sacrificio, per la formazione cristiana delle orfanelle loro affidate. Trovai ordine e pulizia tanto nell'Istituto come nella chiesa. Mi pare di poter assicurare che le relazioni di P. Lorenzo colle suore che dirige non danno motivo al più lieve rimarco... Ampiò il terreno acquistato, bello e comodo l'edificio per le suore e le alunne, bella anche la costruzione adibita a canonica, suscettibile di maggiore sviluppo, vicino alla chiesa e lontana dalla casa abitata dalle suore e dalle orfanelle. Potei costatare che nessun debito grava sul terreno e sugli immobili... Non essendo io che semplice amministratore apostolico non posso dare un voto per la loro approvazione o meno... Per dovere di giustizia però ho creduto manifestare la favorevole impressione riportata da quella mia visita non certo frettolosa. Mi sono convinto che tanto le suore come P. Lorenzo sono veramente animati da spirito di sacrificio e da retta intenzione" (C. P., vol. VIII, Lettera di Mons. Mingoli, con cui invia a Mons. Martinelli la relazione di Mons. Cottafavi, vescovo di Civitavecchia, 16 ottobre 1929, pp. 572-574) .
    Il 24 ottobre Mons. Martinelli reitera alla Curia di Noto la richiesta d'informazioni dettagliate e segrete sulle Carmelitane residenti a Modica (cfr C. P., vol. VIII, Richiesta di Mons. Martinelli alla Curia di Noto, 24 ottobre 1929, p. 576) , ma in una nota scritta dal Vicario Portuense leggiamo:
    "La Curia Vescovile di Noto non rispose mai alle nostre due lettere" (C. P., vol. VIII, Nota di Mons. Martinelli, p. 577) .
    L'anno della grande prova si chiude per la Madre e per P. Lorenzo con una fondata speranza: la Curia di Porto e S. Rufina è disponibile ad accettare P. Lorenzo nella diocesi.
  • Anno 1930: Erezione diocesana dell'Istituto e approvazione delle Costituzioni

    Nel mese di febbraio 1930, con l'esclaustrazione di P. Lorenzo dall'Ordine Carmelitano e l'incardinazione nella diocesi di Porto e S. Rufina anche Madre Crocifissa conosce il compimento, sofferto ma sereno di quest'ennesima oblazione: l'albero della Croce s'illumina già della luce della Pasqua.p: lorenzo in abito talare nell'ufficio parrocchiale a S. Marinella
    Sempre nello stesso giorno (21 febbraio) l'Ordinario Portuense invia alla SCRIS la richiesta per affidare a P. Lorenzo l'assistenza delle Carmelitane.
    Qualche giorno dopo P. Alberto Grammatico nel comunicare a P. Lorenzo alcune notizie di famiglia gli assicura la sua amicizia dicendogli che gli manterrà la sua immutabile stima e fraternità (cfr C. P., vol. VIII, Lettera di P. Grammatico a P. Lorenzo, Roma, 2 marzo 1930, pp. 584-587).
    Il 7 marzo la Congregazione dei Religiosi concede al card. Boggiani le facoltà richieste in ordine all'assistenza delle Carmelitane da parte di P. Lorenzo (cfr C. P., vol. VIII, Lettera di La Puma a Boggiani, Roma, 7 marzo 1930, p. 588) e il 12 successivo lo nomina Esaminatore Prosinodale della diocesi di Porto e S. Rufina e Assistente delle Suore Carmelitane di S. Marinella (cfr C. P., vol. VIII, Lettera di Boggiani a P. Lorenzo, Roma, 12 marzo 1930, p. 589) . Il 20 marzo l'Ordinario di Porto e S. Rufina delibera di procedere all'approvazione dell'Istituto delle Suore Carmelitane:
    "Ben esaminato lo stato dell'Istituto delle Suore Terziarie Carmelitane, la cui casa principale è in S. Marinella, in questa diocesi: viste le relazioni sulla suddetta fondazione, sul suo sviluppo e le attuali condizioni; viste le richieste fatteci dalle Suore e da estranei per l'approvazione ecclesiastica dell'Istituto stesso; nella fiducia che esso sarà di vantaggio alla diocesi e alle anime: Deliberiamo di procedere all'approvazione dell'Istituto come Istituto nostro di Diritto Diocesano. Roma, 20 marzo 1930, Tommaso Pio card. Boggiani, Vescovo Suburb. di Porto e S. Rufina" (C. P., vol. VIII, Card. Boggiani, Deliberazione, Roma, 20 marzo 1930, p. 590)
    Sei giorni dopo il card. Boggiani comunica la deliberazione alla Sacra Congregazione dei Religiosi (cfr C. P., vol. VIII, Comunicazione del Card. Boggiani alla SCRIS, Roma, 26 marzo 1930, pp. 591-593) e il 13 aprile 1930 erige l'Istituto in Congregazione religiosa di Diritto Diocesano.
    Il 10 luglio successivo l'Ordinario approva le Costituzioni.
    Il 23 ottobre 1930, Madre M. Crocifissa Curcio (all'età di 53 anni) e le sue compagne possono emettere la professione perpetua: dopo decenni di sofferenze e prove l'Autorità ecclesiastica ha riconosciuto valido e utile l'Istituto per il bene della Chiesa e la loro offerta è finalmente sigillata da quel "Vescovo benigno" tanto a lungo cercato. E' giorno di gaudio e di commozione immensa:
    "Quando la Madre ha emesso i voti perpetui si era alla fine di tutte le prove, nel 1930. Al momento di recitare la formula la Madre, per la commozione non riusciva a pronunciarla. Il Vescovo rimase con l'Ostia elevata per tanto tempo durante l'emissione dei voti" (Summ. Teste III, n. 12) .
  • Relazioni dell'Istituto con la Diocesi di Noto

    Nel mese di novembre la madre Curcio comunica al Vescovo di Noto, Mons. Vizzini l'erezione diocesana del suo Istituto, chiede il suo consenso per poter mantenere l'opera a Modica e assicura che la nuova istituzione non sarà di peso né per la diocesi né per la città di Modica, né recherà danno alle altre istituzioni, anzi, aggiungerà anch'essa il suo modesto contributo (cfr C. P., vol. VIII, Lettera della Serva di Dio a Mons. Vizzini, S. Marinella, 11 novembre 1930, p. 594) .
    Mons. Vizzini si affretta a chiedere notizie esatte e complete circa la situazione giuridica dell'Opera Pia "Polara" al can. Carmelo Giardina, Vicario Foraneo di Modica (Cfr C. P., vol. VIII, Lettera di Mons. Vizzini a Giardina, Noto, 24 novembre 1930, p. 598). Questi gli risponde dicendo che il "Polara" è proprietà degli eredi Romano, i quali hanno concesso alle Carmelitane l'abitazione della casa senza pagare fitto; che questa non è gravata di fondiaria e che il piccolo orfanatrofio si è mantenuto sinora con i proventi derivatigli dalla partecipazione a tutte le processioni, associamenti funebri e funzioni sacre della città (cfr C. P., vol. VIII, Lettera di Giardina a Vizzini, Modica, 27 novembre 1930, p. 599) .
    Il 29 novembre Madre Crocifissa ripete a mons. Vizzini la richiesta di consenso per l'opera di Modica (cfr C. P., vol. VIII, Lettera della Serva di Dio a mons. Vizzini, S. Marinella, 29 novembre 1930, p. 605), chiedendo anche all'avvocato Galfo Ruta di Modica di sollecitare il Vescovo per l'approvazione, cosa che questi fa con lettera del 3 dicembre 1930 (cfr C. P., vol. VIII, Lettera di Galfo Ruta a Mons. Vizzini, 3 dicembre 1930, p. 607) .
    Poco prima di Natale Madre Crocifissa, per la terza volta, chiede a mons. Vizzini il consenso per la casa di Modica (cfr C. P., vol. VIII, Lettera della Serva di Dio a Mons. Vizzini, S. Marinella, 22 dicembre 1930, p. 609), ma questi, fa rispondere dal suo segretario che prima di procedere ad una qualsiasi approvazione deve accertare che la casa di Modica sia stata messa totalmente a disposizione della Congregazione e che l'ONMI abbia offerto il contributo di ricovero per le bambine (cfr C. P., vol. VIII, Lettera di Mons. Vizzini alla Serva di Dio, Noto, 8 gennaio 1931, p. 610) . E' P. Lorenzo, il 22 gennaio, a rassicurare l'Ordinario di Noto circa le risposte favorevoli sia da parte del sig. Romano, sia da parte dell'ONMI, di cui gli invia copia scritta, dicendogli anche che l'Istituto dispone del personale necessario per la casa di Modica (cfr C. P., vol. VIII, Lettera di P. Lorenzo a mons. Vizzini, S. Marinella, 22 gennaio 1931, p. 624). Mons. Vizzini risponde in maniera telegrafica che la pratica concernente la casa delle Carmelitane a Modica è in corso e appena completa ne darà risposta. (cfr C. P., vol. VIII, Lettera di Mons. Vizzini a P. Lorenzo, Noto, 20 febbraio 1931, p. 629). Così si va avanti per anni, tra continue sollecitazioni da parte della Congregazione e temporeggiamenti variamente giustificati, da parte del Vescovo Vizzini, fino al 1935, quando Mons. Vizzini chiede a suor Gertrude Denaro, rimasta al "Polara", informazioni precise per risolvere la situazione di Modica, e cioè, con quale titolo veste l'abito pur non vivendo in comunità religiosa, quale forma giuridica ha la convivenza delle ragazze, se postulato, convitto o altro, e con quale autorizzazione (cfr C. P., vol. VIII, Lettera di Mons. Vizzini a suor Gertrude, Noto, 14 luglio 1935, p. 696) .

    Suor Gertrude risponde con precisione alle domande dell'Ordinario dicendo che veste l'abito carmelitano per un voto fatto durante una grave malattia in giovane età, di cui Mons. Blandini le diede l'autorizzazione, non ha i voti canonici, ma aspira a poterli emettere il giorno in cui glielo consentirà, riconoscendo giuridicamente la comunità di Modica, che le ragazze accolte sono poverissime o orfane e che le educa al vivere civile e ai principi della fede (cfr C. P., vol. VIII, Lettera di Suor Gertrude a mons. Vizzini, Modica, 27 luglio 1935, p. 697) .
    Ma il Vescovo obietta con decisione alle affermazioni della Denaro, dicendole anche che ella tiene in casa delle aspiranti per poi mandarle a fare il noviziato a S. Marinella, e su questo desidera chiarezza, e che vuole la copia scritta del permesso di mons. Blandini circa l'abito carmelitano, come pure circa il permesso dell'autorità civile per la convivenza delle ragazze (cfr C. P., vol. VIII, Lettera di mons. Vizzini a suor Gertrude, Noto, 5 agosto 1935, p. 698) .
    Anche suor Gertrude difende con coraggio la sua posizione confermando che veste l'abito dal 1912, che ha rinunciato a divenire suora regolare pur di continuare l'opera di bene iniziata a Modica a favore delle orfane, grazie anche alle pressioni del sig. Romano, il quale voleva continuare la realizzazione dello zio, il can. Vincenzo Romano, e grazie al Procuratore Chiaula che le affida le orfane dei carcerati, che non bada alle opinioni della gente, che ha inviato giovani a S. Marinella per assecondarne la divina chiamata, e che circa il permesso dell'abito dichiara vera la sua testimonianza e che il Codice di Diritto Canonico ammette anche il permesso orale; infine chiede al vescovo di non esporla al disprezzo da parte dei nemici del bene (cfr C. P., vol. VIII, Lettera di suor Gertrude a Mons. Vizzini, Modica, 18 agosto 1935, p. 699).
    Qualche giorno dopo, tramite P. Lorenzo, Madre Crocifissa consiglia Suor Gertrude di togliere soggolo e velo e di accontentarsi di uno scialle di lana, ma nel caso che non voglia lasciare l'abito, S. Marinella è casa sua; in tal caso si chiuderebbe la casa di Modica in attesa di un vescovo più benevolo (cfr C. P. vol. VIII, Lettera di P. Lorenzo a suor Gertrude, S. Marinella, 24 agosto 1935, p. 700) .
    Il 22 settembre mons. Vizzini chiede all'onorevole Romano sanatorie giuridiche perché l'Opera di Modica non interferisca con l'Autorità ecclesiastica e lo invita a prendere una decisione:
    "... Chiarifichi la posizione giuridica dell'orfanatrofio di S. Anna. Vuole laicizzarlo? Lasci andare suor Gertrude dove vuole per essere una religiosa in piena regola e metta una direttrice laica. Vuole ecclesiasticizzarlo? Presenti un progetto, purché non accresca le comunità religiose esistenti a Modica. Tanto un giorno il problema dovrà risolversi, perché Suor Gertrude è una monade, e come tutte le monadi umane, è destinata a sparire" (C. P., vol. VIII, Lettera di mons. Vizzini a Romano, Noto, 22 settembre 1935) .
    Ma Suor Gertrude è stata alla scuola di Madre Crocifissa e sa che la croce è la firma di Dio sulla storia degli uomini, per questo accetta con cuore aperto il sacrificio di sé:
    "... Mi vedo costretto a laicizzare la casa in S. Anna giusta sua proposta N. 1 del 20. 10. 1935 N. 500. In ciò sono sorretto dal generoso concorso della signorina Rosa Denaro (già suor Gertrude) la quale si è sottoposta al duro sacrificio di svestire l'abito religioso pur di impedire che le orfane tornino sul marciapiede. Le bacio il sacro anello. Fedele Romano" (C. P., vol. VIII, Lettera di Romano a Mons. Vizzini, Modica, 16 ottobre 1935, p. 709) .
    Con questo passo Mons. Vizzini pensa di aver concluso il "caso" suor Gertrude e con esso i rapporti con la fondazione Curcio:
    "... Se la Denaro depone l'abito religioso, come S. V. mi assicura, non è più affare che mi riguarda" (C. P., vol. VIII, Lettera di mons. Vizzini a Romano, Noto, 21 ottobre 1935, p. 710) .
    Ma il seme marcito nella terra buona non ha esitato a portare frutto. Infatti, nel 1938 il suo successore, Mons. Angelo Calabretta, autorizza l'apertura di una seconda comunità, sempre a Modica, presso la clinica "Giardina"; in questo modo, implicitamente, dà il riconoscimento canonico anche alla casa di "S. Anna", donata alla Congregazione dall'onorevole Fedele Romano nell'anno 1937.
  • Sviluppo della fondazione

    A questo punto è opportuno chiedersi qual'è lo stile di incarnazione sul territorio vissuto da Madre Crocifissa e dalle sue figlie, in che modo ella realizza l'ideale di vita missionaria, quel sogno nato con lei e coltivato per anni?
    Sono ancora le testimonianze di chi l'ha conosciuta personalmente, sperimentandone la squisita carità, a darci la misura e l'intensità di questo modo di amare e di vivere il Vangelo.
    "All'inizio le suore e le novizie andavano a due a due a cercare i bambini per far loro catechismo, insegnare canti, giochi e poi li riaccompagnavano a casa, in campagna, nelle abitazioni sparse qua e là. Poi s'istituì l'associazione delle "Figlie di Maria" per le ragazze che frequentavano il laboratorio di cucito e ricamo, per poi venire catechizzate e aiutate a crescere per diventare vere cristiane. Si faceva oratorio festivo e le ragazze insieme alle suore, organizzavano recite, passeggiate, gite, esse venivano seguite fino all'età adulta e oltre... In seguito è subentrata l'opera delle corrigende, ragazze affidateci dal Tribunale dei Minori, per essere rieducate e reinserite nella società, poi sono venute le scuole" (Summ., Teste 2, n. 12).
    "La Madre Crocifissa era una gran donna, molto umana, e a noi ci ha fatto più che da madre: lei ci parlava, ci raccomandava di essere brave e ci ha aiutate a crescere, dandoci una buona formazione. Quando andavamo dalle suore a ricamare, lei ci aspettava alle 13,50 sulla via Aurelia, spesso insieme a P. Lorenzo, e si metteva in un posto in cui poteva controllare le quattro strade dell'incrocio, in modo che non ci fermassimo a parlare troppo con i ragazzi, perché eravamo piccole, avevamo infatti, dodici o tredici anni. Quando facevamo le recite, alla fine ci offriva il rinfresco. Era perfino troppo alla mano, ci diceva le cose come fa una mamma con le figlie, con dolcezza, e noi andavamo spesso e volentieri da lei. Avevamo imparato anche a suonare la campana in chiesa, con suor Sarina: le suore e Madre Crocifissa costituivano tutto il nostro mondo a quel tempo" (Summ. Teste 7, n. 12) .
    "Quando con la mia famiglia siamo venuti a S. Marinella eravamo molto poveri. C'era mio figlio Dino che aveva bisogno di ripetizioni, ... la Serva di Dio fece dare ripetizioni da P. Lorenzo... Era una donna umilissima, dolce, sentivamo in lei un affetto materno, protettivo... Quando abbiamo avuto bisogno siamo sempre andati da lei, senza pagare. Mio figlio Luciano è venuto all'asilo senza pagare una lira. La Serva di Dio ci diceva: 'Non vi preoccupate, pagherà chi può per voi.... Ci dava tanto conforto, fiducia e sostegno morale. Al solo guardarla ci trasmetteva fiducia nella Provvidenza, serenità, quell'amore di Dio di cui ella viveva" (Summ. Teste 12, nn. 14-19) .
    "Ricordo che spesso veniva vicino a noi ragazze, e anche se le suore a volte s'inquietavano con noi per le marachelle continue che combinavamo, lei ci comprendeva, ci scusava; non che approvasse i nostri difetti o capricci, ma non drammatizzava, né esagerava, sapeva dire la parola giusta al momento opportuno" (Summ. Teste XX, n. 20) .
    "Ricordo ancora le volte in cui parlavo con lei: quanti consigli, quante raccomandazioni a me che ero bambina, e che mi sono tanto servite nella vita, e lei mi preparava proprio come una mamma... Sono molto grata alla Serva di Dio perché mi ha accolta, con tutti i miei difetti, le mie difficoltà e il mio carattere, mi ha voluto bene, mi ha fatto sperimentare il calore di una famiglia che io non ho avuto, mi ha reso più dolce nel carattere, meno aspra nei confronti della sofferenza" (Summ. Teste XXX, n. 19) .
    "La comunità delle suore costituiva l'unico punto di riferimento per le giovani. Da quando Mussolini aveva sciolto l'Azione Cattolica, considerandola associazione parapolitica pericolosa per il regime fascista, si erano create associazioni sostitutive, una di questa era l'associazione delle 'Figlie di Maria' che a S. Marinella era molto viva grazie all'opera delle suore Carmelitane. Qui le giovani apprendevano le arti femminili del taglio, cucito e ricamo, come pure la vita catechetico religiosa, curavano, entro le loro possibilità, il canto, la liturgia e la recitazione. Il tutto aiutava a formare la persona nella sua integrità e a curare le relazioni personali, di gruppo e a maturare il senso del servizio nel proprio contesto. La piccola chiesa bianca, prima dedicata alla Madonna delle Vittorie e successivamente alla Madonna del Carmelo, avvolta nella solitudine dei verdi prati, dove noi giovani scorazzavamo, era il centro nel quale tutti confluivamo per vederci e incontrarci... Attorno alla Serva di Dio si muoveva un piccolo nucleo di suore che possiamo definire "operaie" e che condividevano con le famiglie di allora la difficile realtà del tempo; la Serva di Dio e le suore erano il cuore della nostra contrada che stava nascendo (Summ. Teste LVI, n. 19) .
    "Quando mi sono sposata la Serva di Dio era malata, tuttavia venne ugualmente in chiesa ad assistere al mio matrimonio, mentre le suore suonavano e cantavano durante la messa, questo per dire che tipo di rapporto familiare ed affettuoso si era instaurato tra noi giovani, la Serva di Dio e la comunità delle suore Carmelitane. Le suore ci accompagnavano nella nostra esistenza, ci orientavano a fare scelte coerenti e ci aiutavano a diventare vere donne, utili a noi e agli altri... Quando mi sono sposata andavo spesso a trovarla con le mie bambine, qualche volta capitava che mi mettevo il rossetto, però mi vergognavo di lei, pensando che la cosa la potesse in qualche modo dispiacere, lei, invece, mi metteva subito a mio agio dicendomi: 'Non ti preoccupare. Tu vivi nel mondo e devi adeguarti'. Era una donna aperta, comprensiva delle esigenze dei tempi" (Summ. Teste LXIII, n. 12) .
    "Per noi che in questa zona eravamo residenti, mancava del tutto un qualsiasi centro di attrazione e raggruppamento sociale. Il primo fondamentale servizio offerto dalla Serva di Dio e dalle sue prime compagne fu quello di strutturare il primo servizio religioso e di assistenza sociale veramente inteso. Infatti, le religiose si occupavano anzitutto della testimonianza cristiana e dell'effettiva prima evangelizzazione missionaria della zona, operando soprattutto nel settore della catechesi, andando a piedi per il lavoro apostolico di animazione cristiana, e poi conducendo specialmente i giovani in Chiesa, per il servizio della liturgia. A tal proposito era una scena davvero da inquadrare nei "fioretti" quella della suora carmelitana, la quale, agitando una campanellina, correva al richiamo della gioventù e delle anime di buona volontà. In questo clima posso dire di essere cresciuta e di aver trascorso tutta la mia infanzia" (Summ. Teste LXIV, n. 1b) .
    "Se c'era un problema di ordine materiale o spirituale la casa delle suore diventava il rifugio e la soluzione... Spesso anche in chiesa le baciavamo la mano, lei ci faceva una carezza e poi si metteva raccolta e ritornava a pregare. Mi colpiva questo suo stile di vita;, tanto che l'ho riportato nella mia vita. Circa le difficoltà e prove nella vita di coppia, ci diceva: 'Il matrimonio è sacro, le cose pian piano si accomodano. Bisogna tener duro, aver fede, sperare. Specialmente se ci sono figli... Ricordo che a lei si venivano a dire perfino i problemi familiari... era una consolazione venire in istituto. Era sensibile ai problemi di tutti e accoglieva le confidenze di tutti" (Summ. Teste LXXV, nn. 14a-d) .
    "Ricordo che la Serva di Dio in questo istituto accoglieva degli ospiti permanenti, bambine e ragazze e inoltre si faceva la colonia estiva. Mi colpiva il fatto che venivano trattati tutti con amore e attenzione... La Serva di Dio era molto attenta alla mia situazione. Infatti, io abitavo presso i miei nonni, insieme a mia sorella, poiché i genitori si erano separati e ci avevano abbandonate. Quando avevo dei problemi ne parlavo con la Serva di Dio, lei mi aiutava, mi ascoltava, m'incoraggiava. 'Stai vicino a Dio che non abbandona mai', mi diceva. E ancora: 'Quando hai bisogno di qualunque cosa, vieni sempre'... Quando mi ascoltava circa la mia sofferenza per l'abbandono dei miei genitori, mi diceva: 'Il Signore affligge ma non abbandona. Prega, abbi fede in Dio'. Con me era sempre dolce e affettuosa, gentile, in lei trovavo sicurezza... Noi guardavamo a lei e a P. Lorenzo come ai nostri genitori... nell'istituto tutto funzionava bene. Non era un convento per noi, ma una casa, una famiglia, dove la Serva di Dio era la mamma e ci faceva sentire l'affetto e l'amore (Summ. Teste LXXVI, nn. 14a-15a).
    "La sentivamo come una mamma, la mamma di tutti noi, delle nostre famiglie: era una presenza che ci aiutava tanto, su di lei potevamo contare sempre" (Summ. Teste, X, n. 23) . Madre Crocifissa ha capito che la risposta alle povertà della gente e del territorio esige un atteggiamento propositivo, e allora diventa una conseguenza naturale della carità la sua audacia nell'aprire una scuola gratuita, con tutto ciò che questo può comportare a livello di problemi economici e amministrativi.
    Nel pensiero e nell'azione di madre M. Crocifissa e di P. Lorenzo il sociale e il religioso non si possono scindere, ecco perché, dopo che Mussolini scioglie l'Azione Cattolica, danno vita ad associazioni sostitutive, come le " Figlie di Maria" e le "Donne Cattoliche".
    Ma quel che più emerge è lo spirito, lo stile di condivisione con cui la Serva di Dio e le sue suore vivono in fraternità in mezzo al popolo, traducendo nel vocabolario elementare ed acces-sibilissimo della partecipazione e del coinvolgimento, il comandamento di Gesù: vi ho dato l'esempio, amatevi come io vi ho amato'.
    E' secondo queste dimensioni che l'Istituto si sviluppa, in Italia e all'estero. Si apre così nel 1931 la casa di Lovanio, in Belgio, con l'autorizzazione del Card. Giuseppe Ernesto van Roey, arcivescovo di Melines, per l'assistenza agli alunni del collegio "Santissima Trinità". A Cerveteri, per esplicita richiesta del card. Boggiani, nell'ottobre del '31 si da vita ad una scuola materna, laboratorio di ricamo, ambulatorio e collaborazione parrocchiale. Nel 1932 mons. Michelangelo d'Amico autorizza l'apertura della casa di Acireale (Ct) per il servizio al Seminario; nel 1933 mons. Ippolito Trekian autorizza l'apertura della casa di Sarzeau, in Francia, chiusa, anche questa qualche anno dopo, come quella di Lovanio, in seguito alle atrocità della seconda guerra mondiale.
    Gli anni che seguono vedono il pullulare continuo di nuove aperture: (1934) Solarino (Sr), per l'assistenza ai bambini poveri e abbandonati, la scuola materna, il laboratorio e la collaborazione parrocchiale; (1936) Roma, per la scuola, l'assistenza ai bambini più bisognosi e la pastorale parrocchiale; (1937) Santa Maria Ammalati (Ct); (1938) Modica-clinica "Giardina", (1942) Floridia (Sr), (1946) Sampieri (RG), (1947) Nepi (Vt); (1948) Maccarese (Roma), (1949) Fregene (Roma), (1951) Napoli, (1953) Jesi (An) e Castellammare di Stabia (Na) Istituto Pacella, sempre secondo la medesima linea apostolica: l'accoglienza alla gioventù più abbandonata, la loro promozione e formazione umano-cristiana.
    Ma sulla vita di questi anni domina lo spettro della guerra che distrugge vite e speranze, una valanga terribile che non risparmia nessuno. Anche Madre Crocifissa e il suo Istituto vivono in pieno la drammaticità di questo doloroso momento storico, condividendo, come tutti, l'angoscia e i pericoli dei bombardamenti, l'interruzione di ogni contatto con le comunità lontane, specie quelle della Sicilia, l'amarezza dello sfollamento, l'incertezza del futuro, la morte di tanti uomini e donne, vicini e lontani, per i quali non cessa di offrirsi e di pregare.
    Ma la sua presenza, come sempre del resto, non è fatta solo di preghiera, essa diventa incoraggiamento ad andare avanti, aiuto materiale, sostegno e guida per tante famiglie, tanta gioventù smarrita e confusa, umile luce perennemente accesa in mezzo a tanto buio. E la gente lo sa, lo avverte, sa che le porte della sua casa sono sempre aperte per chiunque abbia bisogno, sa che su Madre Crocifissa può contare, e sono in tanti a venire da lei, tra i quali molti sfollati dalla vicina Civitavecchia, bombardata e semidistrutta il 13 maggio 1943.
    "La situazione in cui vivevano gli sfollati era drammatica: possedevano solo un tetto ove alloggiare, per sopravvivere avevano solo due merci di scambio, il sale, che veniva estratto dalla bollitura dell'acqua del mare e poi venduto. Venendo infatti, la sera in prossimità di S. Marinella, si vedevano lungo tutta l'estensione di Capolinaro tanti fuochi: erano i mobili delle ville che venivano bruciati per far bollire l'acqua salata. Le donne, particolarmente le giovani si prostituivano per una galletta. Nel '44 quando al porto di Civitavecchia attraccarono le famose navi 'Liberty' che trasportavano dagli USA viveri per la Quinta Armata, la quale si dirigeva verso la linea Gotica, tutta la gente di S. Marinella affollava il porto per poter avere qualcosa da mangiare, anche rubando. In questa situazione la prostituzione dilagò grandemente: posso immaginare l'opera delle Suore e della Serva di Dio in mezzo a queste ragazze. Ecco perché in tutta questa miseria diveniva importante qualche bicchiere di latte o pugno di farina che la Serva di Dio procurava sempre a chi si accostava all'Istituto" (Summ. Teste LIV, n. 12) .
    "Ricordo che in Istituto avevamo una mucca di nome Stellina, e durante la guerra tanta gente veniva a bussare alla nostra porta con un bicchiere per avere un pò di latte, e lei era sempre pronta per darlo a tutti, senza riserve... era un via vai di gente che chiedeva aiuto, e lei non mandava mai via nessuno, anzi, se il bicchiere del latte non era del tutto pieno, lei ne faceva mettere ancora" (Summ. Teste XXII, n. 19) .
    "Non faceva pesare il bene che procurava agli altri... Si era in tempo di guerra. Noi in casa eravamo ben dieci, ed era difficile trovare generi alimentari se non al mercato nero, e quindi a prezzi altissimi. La Serva di Dio ci aiutò molto procurandoci alimenti che senza alcun interesse ella prendeva alla POA (Pontificia Opera di Assistenza)" (Summ. Teste IV, n. 14d).
    Anche per Madre Crocifissa la vista dei cadaveri dei soldati che "galleggiano arrossando l'acqua del mare" allarga gli orizzonti del dolore e rende amaro il pianto per l'odio degli uomini, e allora invita le figlie ad offrirsi e a pregare più intensamente:
    "Anche qui viviamo preoccupati per i tempi che minacciano nuove e improvvise complicazioni... Ma che si può fare se non la Volontà Divina! La preghiera è la nostra forza, l'arma potente che supera tutte le armi che distruggono la povera umanità. Preghiamo, preghiamo e offriamo i nostri quotidiani sacrifici per ottenere la pace, la salvezza della nostra Patria, e noi sempre pronte ai voleri divini, fiat Voluntas Tua! ripetiamo sempre, seguiamo lo Sposo dal Getsemani al Calvario" (C. P., vol. XI, Lettera della Serva di Dio a suor Concezione, S. Marinella, 7 aprile 1943, p. 1610) .
    Nei primi giorni di settembre del 1943 Santa Marinella viene bombardata, ormai diventa troppo pericoloso restare, bisogna andar via. Così, come tanta altra povera gente, anche Madre Crocifissa, le suore e le bambine accolte in comunità sono costrette all'esperienza dello sfollamento.
    "Il primo bombardamento avvenne appunto nella Vicaria, non distante dalla Chiesa il 7 settembre alle 23,00, fu colpito il villino del comico Rienzo mentre altri villini intorno furono più o meno danneggiati: undici persone vennero uccise e altre ferite... Il 4 ottobre 1943, nonostante le reiterate domande fatte al Comandante delle truppe Tedesche in S. Marinella, non avendo il permesso di rimanere, fui obbligato a lasciare il paese e accompagnare le povere Suore prima a Cerveteri e poi a Castelgiuliano... Il 28 ottobre, visto il pericolo di scassinamento nella casa delle suore, alcune di esse da Castelgiuliano ritornarono a S. Marinella e, più o meno di numero, sono rimaste fedeli custodi della loro casa, della casa del Vicario Curato, nonché della stessa Chiesa delle Vittorie. Chi potrà enumerare e descrivere i loro grandi sacrifici, il loro coraggio, la loro fede in Dio e nella Vergine, tra innumerevoli mitragliamenti, bombardamenti, persecuzioni da parte di alcuni intransigenti comandanti tedeschi, che le volevano assolutamente scacciare dalla casa, obbligarle a sfollare per occuparne i locali. Per comprendere il grave pericolo in cui si trovavano le suore, si pensi che la pineta era ripiena di automezzi e che i tedeschi operai dell'organizzazione TODT occupavano il villino Pacini, di fronte alle suore... nel momento della ritirata tedesca, per miracolo hanno potuto sfuggire di essere trascinate e condotte via in Alta Italia" (C. P., vol. V, VAN DEN EERENBEEMT L., Cronistoria della chiesa di S. Maria delle Vittorie, o. c., pp. 308-309).
    Ancora una volta sono le testimonianze di chi ha vissuto quei tragici momenti a darci il valore reale della fede e della carità della Serva di Dio:
    "La seconda guerra mondiale non risparmiò disagi e quasi un temporaneo arresto allo sviluppo dell'opera. La Serva di Dio insieme a P. Lorenzo e alle suore di S. Marinella fu costretta a sfollare a Castelgiuliano (non distante da Cerveteri - Roma). Questo periodo di sfollamento dal settembre del '43 al giugno del '44 fu un'esperienza molto significativa per gli abitanti del Castello e per tanti sfollati dal vicino paese di Cerveteri. Vi si animavano le funzioni religiose, le suore facevano catechesi e doposcuola; inoltre, la Serva di Dio portò con sé anche un gruppo di ragazze da rieducare, affidate dal Ministero di Grazia e Giustizia, alcune delle quali tuttora ricordano con commozione e gratitudine la Serva di Dio e il tempo trascorso a Castelgiuliano" (Summ. Teste LXIV, n. 12) .
    "Abitando vicini durante lo sfollamento, vedevo la Serva di Dio quando usciva per andare in chiesa alle funzioni; lei, le suore e le bambine interne abitavano in una parte del castello che il marchese Patrizi aveva messo a disposizione, mentre il P. Lorenzo abitava in una stanzetta vicina alla chiesetta del castello... Nel frangente della guerra, così difficile e pieno di ansia e di pericoli, ho visto la Serva di Dio sempre calma, serena" (Summ. Teste XLVIII, n. 12) .
    "Le suore dormivano con noi, con una tenda nello stesso dormitorio. Questo era un segno, l'espressione di un grande amore... Diversamente non si sarebbe presa la briga di lasciarci con sé in piena guerra, tra i bombardamenti continui, e portarci con la sua comunità sfollate a Castelgiuliano. La Serva di Dio sapeva che se avesse mandato a casa alcune di noi, ci avrebbe esposte a gravi pericoli morali... spinta da un fatto solo, dall'amore per Gesù, da una grande fede, da una grande carità, non solo ci ha portato con sé, ma ci esortava alla speranza e ci infondeva coraggio. pregava con noi la Madonna e ci diceva che con la Vergine Madre saremmo state al sicuro, che ci avrebbe sempre protette, che ci avrebbe senz'altro risparmiate" (Summ. Teste XXXIV, n. 1b) .
    Ma la guerra, che ha seminato dovunque pianto e morte, non ha l'ultima parola: la speranza non è finita e nemmeno la voglia, il dovere di vivere, di riprendersi, di ricostruire.
    Il 15 ottobre 1945, a S. Marinella si celebra il 1° Capitolo generale che unanimemente elegge Superiora generale Madre M. Crocifissa Curcio. Ed è proprio sulle rovine del secondo conflitto mondiale che splende la luce di nuovi orizzonti e si realizza il sogno giovanile di Madre Crocifissa e P. Lorenzo: le Missioni.
    "Nel 1947 la Serva di Dio ricevette due inviti: il primo per una fondazione in Brasile che si prospettava molto povera e senza tante sicurezze, il secondo a Niagara Falls, in Canada, con prospettive più allettanti. La Serva di Dio non esitò a scegliere il Brasile, perché più consono alle sue aspirazioni missionarie" (Summ. Teste LXIV, n. 12) .
    Paracatu - casa religiosa e scuola materna Così, verso la fine del 1947, a Paracatu, nello stato di Minas Gerais (Brasile), su invito di S. Ecc. za mons. Eliseu van de Wejer, O. Carm., Madre Crocifissa invia quattro missionarie: suor M. Agnese Giunta, suor M. Eliana Spadola, suor M. Grazietta Macauda, suor M. Virginia Murtinu. Lasciamo che sia una di loro a parlare della realizzazione di questo progetto:
    "L'apertura della missione in Brasile avvenne in modo semplicemente straordinario. Io abitavo a Cerveteri e una mattina la Serva di Dio mi mandò a chiamare, mentre ero di ritorno dalla messa. La suora che venne a prendermi non mi diede neppure il tempo di far colazione e mi condusse a S. Marinella dalla Serva di Dio. Questa mi aspettava davanti alla porta... Mi fece fare prima colazione e poi mi disse: 'E' venuto il vostro confessore di Roma, mons. Gabriele Couto (un vescovo carmelitano brasiliano) e mi ha chiesto 4 suore per aprire una missione in Brasile. Vedi lì un foglio bianco, nessuno ha voluto metterci la sua firma. Tu che ne pensi? Se tu firmi per prima, forse qualche altra ti seguirà'... Quando venne l'ora della partenza per la missione eravamo tutte sulla strada, in via del Carmelo. La Serva di Dio abbracciandomi mi disse: 'Vai figlia dei miei sogni giovanili, io sono malata, non posso andarci e mando te per me. Vai e porta in questa terra di missione la mia preghiera, il mio zelo, tutto quello che io avrei dovuto portare, e ti raccomando i poveri' " (Summ. Teste XXXVII, n. 12)
    Per comprendere l'anelito missionario che continua a consumare la Serva di Dio giova leggere qualche stralcio delle lettere scritte alle figlie missionarie:
    "Abbiamo letto e riletto le vostre lettere... Comprendiamo le vostre difficoltà, oh! Come vorrei volare per consolarvi, dilette figlie, per portarvi mille e mille cosette che vi fanno piacere... Raccomando a tutte di essere prudenti, non perdete la salute, lavoro tanto e mangiare da cinesini! Non voglio scoraggiarvi, ma la salute è necessaria, siete poche e non potete supplire, non siamo vicine per potervi aiutare" (C. P., vol. XI, Lettera della Serva di Dio alle figlie missionarie, S. Marinella, 13 maggio 1948, p. 1836) .
    "Figlie che vedo scolpite nel Cuore di Gesù, di Maria e nel mio cuore. Dacché siete lontane da me il mio affetto per ciascuna di voi si aumenta, vi sento più intime... e la mia materna preghiera è più costante... svegliandomi spesso prego per voi o dilette colombe, le prime a spiegare il volo per la missione tanto difficile ma fruttuosa di celesti benedizioni: saranno copiosi i frutti in base ai vostri sacrifici!" (C. P., vol. XI, Lettera della Serva di Dio alle figlie missionarie, S. Marinella, 1 novembre 1948, p. 1846) .
    Ormai il 'granellino di senapa' è cresciuto e i rami del suo albero si stendono già per il mondo; anche lo Stato ne riconosce giuridicamente l'esistenza concedendo all'Istituto delle Suore Terziarie Carmelitane Missionarie di S. Teresa del Bambin Gesù la personalità giuridica: è il 24 luglio 1948 (cfr Decreto del Presidente della Repubblica, Roma, 24 luglio 1948, registrato alla Corte dei Conti il 2 settembre 1948, in Arch. Curia gen. S. Marinella) .
    Nel 1952 il 2° Capitolo generale conferma m. M. Crocifissa quale Superiora generale della Congregazione, anche se ormai ella comincia ad avvertire che sarà presto la fine. Una salute malferma l'ha sempre accompagnata e ora gli acciacchi si acutizzano, costringendola a letto o su una carrozzella, eppure è ancora lei la Madre che continua con estrema lucidità a dare consigli, a impartire direttive, a prendere iniziative.
    l'attuale casa di Kercem con l'edificio scolastico
    L'ultima decisione, sempre nel solco missionario, è l'apertura della prima casa nell'isola di Gozo, a Kercem (Malta), con l'autorizzazione di Mons. Giuseppe Paci, nel mese di febbraio 1957.
    Ora che gli anni sono passati la Madre è diventata di una tenerezza incredibile, lei vorrebbe sempre vicine le sue figlie, e soffre quando le vede partire, ma ancora, come sempre, è disposta al sacrificio: per questo Carmelo missionario ha donato la sua vita e non ha mai ritirato l'offerta.
    Dopo la sua morte, avvenuta in S. Marinella giovedì 4 luglio 1957, alle ore 13:15, le sue figlie hanno continuato a camminare su quel sentiero di carità da lei tracciato perché il "Carmelo continui anche oggi a fiorire nel mondo".
    Il 3 ottobre 1963 l'Istituto è stato eretto a Congregazione di Diritto Pontificio; nel 1967 è stata aperta la prima casa in Canada per l'accoglienza soprattutto dei figli degli emigrati, nel frattempo molte altre case sono state aperte in Italia e in Brasile; nel 1984 la Congregazione ha aperto la prima casa in Tanzania e nel 1987 nelle Filippine. Nel 1996 è stata aperta la prima casa in Romania, a Bacau.

INDICE BIOGRAFIA Madre M. Crocifissa

  • Contesto Storico-Ambientale di Madre Crocifissa
  • Vita e Opere di M. Crocifissa in Sicilia
  • Fondazione Laziale anni ’20 – ’40
  • Nascita e Sviluppo della Fondazione

LINK AI SITI WEB

www.madrecrocifissa.org

www.provinciacarmelitanemissionarie.it

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